Luglio 2020

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ADDIO, MAESTRO MORRICONE

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E anche lui se nè è andato. In silenzio, discretamente. Lo ha annunciato con un testo scritto di suo pugno per precisare, ulteriormente, che il suo estremo saluto sarà in forma privata. Una scelta che non fa a cazzotti con quello che è stato in vita: umile, niente manie di protagonismo e con un grandissimo doto che lo ha fatto giocare con le sette note; girandole e rigirandole come voleva lui. Chissà quanto sapesse di essere in gamba, forse un bel po’, ma non lo hai mai sbandierato a gran voce. Semmai lo ha dimostrato ed in più di un’occasione. A partire, ufficialmente, da quel 1964. Anno in cui uscì il sorprendente ‘Per un pugno di dollari’. Pellicola diretta dal suo amico e compagno di banco, ai tempi della scuola, Sergio Leone e musicato, stupendamente, da lui medesimo: Ennio Morricone.

Era nato a il 10 novembre del 1928 a Roma ed alla musica ed ha dedicato una vita intera per la musica, facendo sognare generazioni e generazioni con le sue soundtrack da Oscar. Un riconoscimento che gli arrivò in ritardo per ‘Hateful Eight’, un film western. Lui che con quel genere, come detto in precedenza, non ha costruito la sua fortuna, ma fortificato la sua leggenda prima ancora che molti intuissero che talento musicale fosse, Ennio Morricone.

Le sue musiche non sono mai state semplici colonne sonore, guai a considerarle solo così, ma vere e proprie opere d’arte delle sette note. Sette note che il Maestro ha usato a suo piacimento mediante tutto il suo ingegno, tutta la sua naturale fantasia. Un dono, insomma ed altri aggettivi per descrivere il suo immenso talento. Qualche tempo fa, in un’intervista, sostenne che lui, quando componeva per i film di Leone, non creava mai soundtrack per le trame in generale, ma per i personaggi; musiche, però, che si legavano bene con tutti gli elementi: ambientazione, trama e appunto personaggi. Musiche che, in molte occasioni, miscelavano drammaticità ed epicità.

Si pensi a ‘C’era una volta il West’, a ‘C’era una volta l’America’, ‘Giù la testa’, il leggendario carillon del quasi triello finale di ‘Per qualche dollaro in più’. Senza dimenticare gli accompagnamenti musicali nella scena del cimitero in ‘Il buono il brutto e il cattivo’ e del triello vero e proprio. Ennio Morricone non ha regalato composizioni epiche solo per il genere western. Su tutti bisogna ricordare ‘Mission’, ‘Nuovo Cinema Paradiso’, ‘Baaria’, ‘Gli Intoccabili’ e ancora western con ‘Il mio nome è nessuno’, ‘Il ritorno di Ringo’ e tanti arrangiamenti di pezzi musicali entranti nella storia della musica italiana. Difficile decidere quale sia la più bella in assoluto.

Ennio Morricone è morto questa notte alle 2.20 del mattino. Era ricoverato da un mese presso una clinica romana per effetto della rottura del femore avvenuta un mese fa. A dare l’annuncio il legale della famiglia. In queste ore si stanno susseguendo voci in cui il Comune della città di Roma abbia, in realtà, l’intenzione di intitolare l’Auditorioum Parco della Musica proprio al Maestro scomparso questa notte. Certo, forse, fa un po’ di tristezza che non ci saranno veglie e funerali pubblici. Ma da un lato è gusto così. Come lui ha sottinteso nel testo scritto di suo pugno, qualche giorno prima di morire, ‘non vuole disturbare’. Ma più che un disturbo, per tutti coloro che sono cresciuti con le sue colonne sonore, sarebbe stato, sicuramente, un immenso onore rendergli omaggio anche se attraverso i social, attraverso le testate online, la messa in onda delle pellicole più famose musicate da lui, è già l’inizio di un lungo e doveroso omaggio per un uomo e compositore che ha reso, nella sua lunga settantennale carriera, orgogliosa la Nostra Nazione; con la certezza che ormai un’altra e gloriosa epoca è ormai finita.

Questo è il testo integrale che il Maestro Morricone ha scritto e con queste parole:

“Io, Ennio Morricone sono morto, lo annuncio agli amici vicini e quelli un po’ lontani. Un ricordo particolare per Peppuccio e Roberta, amici fraterni molto presenti in questi ultimi anni della mia vita. C’è solo una ragione che mi spinge a salutare così ed avere funerali in forma privata: Non voglio disturbare nessuno. Saluto con tanto affetto Ines, Laura, Sara, Enzo e Norbert per aver condiviso con me e la famiglia gran parte della mia vita. Voglio ricordare con amore le mie sorelle, Adriana, Maria e Franca i loro cari e fargli sapere quanto gli ho voluto bene. Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli, mia nuora e i miei nipoti. Per ultima Maria ma non ultima, a lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha unito. A lei va il mio più doloroso addio”.

Storie Vere

Nato il 4 Luglio

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Ogni volta che cade il 4 luglio, per gli amanti del cinema, è inevitabile non dimenticarsi di un film che racconta l’ennesima storia vera da ricordare e da scoprire. Toccante, potente e speranze infrante di una generazione di americani che si ritrovarono ad andare in Viet-Nam per combattere una guerra che, nemmeno in patria, ne avevano ben compreso il senso. Alcuni di loro non tornarono più, furono considerati dispersi in battaglia; altri tornarono all’interno di una cassa da morto. Poi c’erano i sopravvissuti, ma con molte ferite nella mente ed altri tornarono vivi e vegeti e con il proprio corpo menomato.

Fu questo il destino di Ron Kovic, settantaquattro anni da compiere praticamente nel giorno d’indipendenza americana, che decise di partire volontario per il fronte all’età di diciotto anni e dopo essersi ispirato al famoso discorso d’insediamento del Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Voleva difendere la propria patria dai nemici esterni. Una scelta di vita importante che il 20 Gennaio del 1968 gli fece prendere una brutta piega. Venne ferito alla colonna vertebrale e non tornerà mai più a camminare.

Durante la degenza in ospedale scoprì come venivano in realtà trattati i soldati feriti: dimenticati. Mentre in patria le contestazioni contro il conflitto nel paese asiatico lo resero ancor più deluso. Ritornato a casa, su una sedia a rotelle, Ron Kovic incomincerà a prendere coscienza di cosa gli successe e non solo a lui, ma a tutta l’America, diventando un attivista contro la stessa guerra che andò a combattere.

Ovviamente il film non ha bisogno di alcuna presentazione. In fondo ‘Nato il 4 luglio’ è già di per sé un’opera cinematografica-manifesto di un periodo storico, contraddittorio, ma al tempo stesso affascinate degli Stati Uniti d’America. A sua volta il film diretto da Oliver Stone, che con questo lungometraggio chiuse la sua personale trilogia sulla guerra in Viet-Nam, è ispirato dalla stessa biografia che il vero Ron Kovic scrisse in base alle sue esperienze vissute.

Nei panni del patriottico soldato un Tom Cruise in forma smagliante e reduce dal travolgente successo mondiale di tre anni prima, ‘Top Gun’ del 1986. ‘Nato il 4 luglio’, contrariamente a quanto si potrebbe presumere non uscì nelle sale cinematografiche proprio il giorno d’indipendenza americana, e quindi nel giorno del compleanno di Ron Kovic, ma esattamente il 20 dicembre del 1989.

Scritto dallo stesso regista e dallo stesso protagonista del film, ‘Nato il 4 luglio’ racconta tutte le speranze americane andate in fumo in quegli anni, narra di come proprio in quei mitici ed irripetibili anni ’60 l’America stessa, per diversi motivi, perse la propria verginità. La storia, accompagnata dalle musiche struggenti e altamente patriottiche di John Williams, inizia da quando Ron Kovic è solo un ragazzino e termina quando quest’ultimo, ormai su una sedia a rotelle, riesce a far ascoltare la propria voce nella convention democratica del 1976.

Accanto all’attore di Syracuse, che il 3 luglio compie guarda caso anche lui gli anni, c’era una giovanissima e promettente Kyra Sedwick, volto molto noto negli ultimi anni per la serie televisiva ‘The Closer’, Tom Sizemore, Willem Dafoe, Frank Whaley e Raymond J. Barry. Come già accennato in precedenza, la performance di Tom Cruise fu davvero stratosferica; peccato che ebbe solamente la candidatura come miglior attore protagonista agli Oscar del 1990 e non la statuetta. Statuetta che l’agguantò Oliver Stone, per la miglior regia, e senza dimenticare anche il miglior montaggio.

‘Nato il 4 luglio’ è film che parla di una ferita ancora aperta, ma una ferita non solamente soggettiva; sarebbe troppo riduttivo considerarlo così. Nelle frasi di Ron Kovic ‘O l’ami o te ne vai’, riferita al proprio Paese, e ‘Siamo i bravi ragazzi americani tornati a casa’ c’è tutto il patriottismo e l’idealismo più nobile che qualsiasi cittadino possa avere per la propria patria. Un film che è al tempo drammatico ma pieno di speranza.

Storie Vere

IL FUGGITIVO – RECENSIONE

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Non sempre i fatti realmente accaduti vengono semplicemente ricostruiti sul grande schermo. Normalmente in qualche occasione alcuni elementi della vicenda, anche per attirare di più il pubblico, vengono romanzati. Ma cosa succede quando ad esser romanzato sia quasi tutto il fatto realmente accaduto? Era il 6 agosto del 1993 quando nelle sale cinematografiche americane uscì un film, che a sua volta, era addirittura ispirato da una serie tv. Si, proprio così. Il fatto realmente accaduto ispirò una famosa serie tv americana degli anni ’60, dal titolo: ‘Il fuggiasco’, per poi ispirare l’opera cinematografica del 1993 dal titolo: ‘Il fuggitivo’.
La sera del 3 Luglio del 1954 un rinomato medico dello Stato dell’Ohio tornando a casa trovò la moglie, Marylin Shepard, brutalmente massacrata e, sempre secondo quanto riferì agli agenti che accorsero sul posto, di aver trovato anche un estraneo in casa. Il dottore, che nella realtà si chiamava Sam Shepard, non venne creduto e non solo venne arrestato ma anche condannato. La sua effettiva innocenza fu provata solamente anni dopo e senza le rocambolesche fughe che si vedono nel film.
Diretto da Andrew Davis e scritto a quattro da mani Jeb Stuart e David Twoly, ‘Il Fuggitivo’ è uno spettacolare thriller, con sfumature del genere action, che incolla dalla prima all’ultima scena lo spettatore. Harrison Ford, nei panni del dottore che nella finzione e come nella serie televisiva di 30 anni prima si chiama Richard Kimble, svolge un compito quasi simile a quello di Indiana Jones, ma senza il mitico cappello e frusta.
Accanto ad Harrison Ford c’è un Tommy Lee Jones talmente in forma che nell’edizione degli Oscar del 1994 agguanterà la statuetta come miglior attore non protagonista. Nel cast figuravano anche una giovanissima Julianne Moore e Sela Ward nel ruolo della moglie uccisa. Gli incassi furono stratosferici a partire già dalle prime sei settimane di programmazione con ben 23.758.855 milioni di dollari, per un totale in patria con ben 183.875.760 milioni di dollari. Ma queste cifre sommate agli incassi all’estero permisero ai produttori di raggiungere la somma di 368.875.760 milioni di dollari.
Questa ‘Storia vera’ non fu solo un successo di pubblico, ma anche di critica. Il famoso giornalista cinematografico del Chicago Sun-Times, Roger Ebert, definì il film ‘uno dei migliori spettacoli dell’anno, un thriller teso, tirato, ed intelligente che diventa qualcosa di più, un’allegoria su un uomo innocente su un mondo pronto a schiacciarlo’. E a distanza di quasi trent’anni dall’uscita di questo capolavoro il blog si può tranquillamente unire al commento del famoso critico scomparso qualche tempo fa, integrando l’articolo con questa vecchia videorecensione di due anni or sono proprio su ‘Il Fuggitivo’, in cui venne per la prima volta inaugurata la rubrica ‘Storie Vere’.

Bud&TerenceSequels & Saghe

PIEDONE LO SBIRRO

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Lo scorso 27 giugno è stato il quarto anniversario della scomparsa del tanto amato ed indimenticato Bud Spencer. Stare fermi non era possibile e per omaggiare ugualmente, seppur con qualche giorno di ritardo, questo grande personaggio, che ci ha lasciati all’età di 86 anni, si è deciso di riaprire una vecchia rubrica interamente dedicata a tutti i suoi film, in solitaria, e in coppia con Terence Hill, considerando anche quelli in solitaria dell’attore veneto sia chiaro. Così nasce per la seconda volta la “Bud&Terence” e per quattro settimane, a partire da oggi, quattro appuntamenti tutti dedicati alla quadrilogia di ‘Piedone’, ovvero il mitico Commissario Rizzo impersonato proprio da Bud Spencer, dal 1973 al 1980. E non finisce qui. Quella di ‘Piedone’, seppure alla lontana, potrebbe essere considerata anche una piccola saga poliziesca che permette, a sua volta, di inaugurare anche un’ulteriore rubrica: “Saghe & Sequels”.

Ovviamente si tratta di epoche diverse. A quei tempi quando si realizzava un primo capitolo, molte volte, non si pensava nemmeno che fosse l’inizio di un qualcosa che durasse nel tempo o che comunque potesse riscuotere successo, ‘Piedone lo sbirro’ rientra perfettamente in questa tipologia di capitoli inaugurali che hanno permesso la realizzazione, minimo di un sequel, o addirittura di diversi capitoli.

Era il 25 ottobre quando il film uscì nei cinema. Se si controlla bene una qualsiasi scheda su internet dedicatagli, vengono indicati due generi: quello del poliziesco e della commedia. Queste due tipologie di intrattenimento sul grande schermo nella storia, ideata mediante un soggetto del grande Luciano Vincenzoni insieme a Nicola Badalucco, si fondono alla perfezione. Merito anche della sceneggiatura realizzata da Lucio De Caro e dall’esperienza registica di Steno, altro maestro del nostro cinema dimenticato.

Volendo fare quasi i pignoli, ‘Piedone lo sbirro’, potrebbe rientrare addirittura fra le ‘Storie vere’ per un particolare non da poco presente nella trama e, dal quale, il film ha preso poi ispirazione ma discostandosi di molto con vicende e personaggi totalmente fittizi: Il Clan dei Marsigliesi, una potente organizzazione criminale operante non solo nel territorio italiano ma anche in quello francese tra il 1975 ed il 1981.

È naturale pensare, e sarebbe strano se non fosse così, che quando si nomina Bud Spencer la mente vola direttamente alle sue buffe e divertenti scazzottate, una vera e propria umiliazione della violenza nella loro essenza insomma. Eppure in questa opera cinematografica in cui l’attore napoletano appare, proprio nella città in cui è nato, le risse non sono proprio comiche, ma sconfinano nel serio e sfiorando quasi il drammatico.

Sembra un’esagerazione la nostra: ma vi ricordate la scazzotata finale tra Piedone e gli uomini di ‘Manomozza’ sotto ad una delle gallerie della città? Vi ricordate quando il commissario Rizzo, dopo aver mollato uno schiaffo al ragazzino, fugge di casa? Oppure quando affronta Ferdinando O’Baron per aver sfregiato una prostituta? Ecco questi ed altri momenti le risse non portavano proprio ad una risata. La scelta adottata viene presto analizzata. Ingaggiando uno come Bud Spencer non si poteva fare altrimenti, ma la bravura e l’intelligenza è stata quella non di mutare ‘il copione’ per facili risate ma il contrario: di rendere meno buffe le scazzottate e adeguandole ai vari momenti del lungometraggio.

La prima indagine del Commissario Rizzo è indirizzata su un giro di droga importato dai marsigliesi, i quali rischiano di far spaccare in due la camorra tradizionale. ‘Piedone’ ad un certo punto, vedendo che i piani alti non lo sostengono, lascia campo libero ai vecchi capi della criminalità organizzata del territorio per risolvere in parte la situazione.

Il film all’epoca incassò quasi ben tre miliardi delle vecchie lire ed il successo, oltre a questi elementi decretati, è da ricercare nell’immagine di una Napoli ormai risaputa, ma che va oltre allo stereotipo classico e pregiudizievole; certo, Piedone è quasi un supereroe che con le sole mani sconfigge i cattivi, ma rappresenta, e non solo lui, l’animo più dolce e buono più volte seppellito da una montagna di fango.

Si pensi alla vecchietta che non si vuol fare scoprire che vende sigarette di contrabbando per sopravvivere, si pensi al maldestro ladro che si fa aiutare e ricambia rischiando la vita e senza dimenticare anche il personaggio del ‘Gobbo’, il vero informatore del Commissario Rizzo. Tutti rappresentati di una Napoli pura, semplice che si arrangia senza alcuna malvagità. Tutti personaggi tipicamente e naturalmente napoletani, in una scenografia naturale come quella di Napoli in un film, simil giallo-noir, dallo stile americano.

In questo primo capitolo della quadrilogia oltre al già citato Bud Spencer troviamo attori come il troppo bistrattato mai ricordato a dovere Enzo Cannavale, Angelo Infanti, Giacomo Rizzo, Enzo Maggio, Mario Pilar, Ester Carloni e Raymond Pellegrin. Appare inutile dire che questo film è consigliato dal blog, anzi più giusto definirlo non un piccolo gioiello, non un piccolo capolavoro, ma un cult ed un capolavoro nello stesso tempo proprio per quella fusione non facile di due generi totalmente differenti fra loro: il poliziesco e la commedia, accompagnati da una malinconica e indimenticabile colonna sonora composta da Maurizio e Guido De Angelis.

LA PROSSIMA SETTIMANA: PIEDONE A HONG KONG.