Eddie Murphy

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Beverly Hills cop III – Un capitolo molto fiacco

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Lo stesso Eddie Murphy fu molto duro nel commentare il terzo episodio della saga di Axel Foley

Un’atrocità ed una disgrazia. No, non è il commento del blog verso un’opera cinematografica, per quanto possa essere fatta male. Non si affonda mai così un lavoro cinematografico. Chi pronunciò queste parole fu il diretto interessato o, semmai, l’attore protagonista, il 19 dicembre del 2006, ovvero ‘Axel Fooley’ in persona: Eddie Murphy. L’oggetto di tale disprezzo era il terzo capitolo, poco convincente, di ‘Beverly Hills cop’. Un terzo film non più prodotto dalla vincente coppia Simpson-Bruckheimer e nemmeno scritto dal duo Danilo Bach e Daniel Petrie Jr.

La nuova sceneggiatura fu un lavoro di Steven De Souza, i produttori invece erano Mace Neufield e Robert Rehme; mentre la regia venne affidata ad una vecchia conoscenza dello stesso Murphy: John Landis. Con lui aveva già lavorato ad ‘Un principe cerca moglie’ ed il classico natalizio ‘Una poltrona per due’.

Dire cosa non ha funzionato rende l’idea di cosa volesse dire lo stesso interprete e, inoltre, apparirebbe superfluo puntare il dito solo sui troppi mutamenti che la trama originale andò incontro. Sarebbe ingiusto. In primis non si era più negli anni ’80 ma nel decennio successivo. In secundis erano assenti tre attori che avevano preso parte ai primi due capitoli: John Ashton, Taggart; Ronny Cox, Bogomill; e Paul Reiser, Friedman. Con Murphy c’erano ancora Gilbert R. Hill, nei panni dell’Ispettore capo Douglas Todd, e Judge Reinhold nel ruolo del sergente William ‘Billy’ Rosewood. La new entry era rappresentata da Hector Elizondo.

Se nel secondo episodio della trilogia, considerato il migliore in assoluto, si era trovato il perfetto mix tra il genere commedia e l’action, in questo terzo capitolo il tutto è improntato solo ed esclusivamente sul lato comico. Oscurando, di molto anche, le sfumature action ed il poliziesco. Si ride e con Eddie non può essere diversamente. Basta vedere il suo sorriso che instilla naturale allegria fin da subito. Nonostante ciò non si può non notare che in alcuni momenti le scene divertenti appaiono, addirittura, forzate; come se non ci fosse stata fin dal principio un’idea ben precisa.

‘Beverly Hills cop III’ sembra la copia del primo. Una copia sbiadita, senza magia e brillantezza anche da parte dello stesso attore afroamericano e, soprattutto, per un personaggio fuori dal contesto storico. Gli abiti che indossa sono ancora quelli degli anni ’80. Non solo: circolava voce che l’attore in quel periodo non fosse in grande forma.

Buchi di sceneggiatura, fortunatamente, non vengono registrati; ma la trama, già abbastanza carente, non è oltremodo supportata da una valida soundtrack come il primo ed il secondo capitolo. Ma se si pensa che quel 25 maggio del 1994, data di uscita del film, i rocamboleschi casi di Axel Foley finivano lì ci si sbaglia di grosso. Da tempo è in lavorazione il quarto episodio e di questo ne parleremo la prossima settimana.

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BEVERLY HILLS COP II – UN SEQUEL MEGLIO DELL’ORIGINALE

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Uscito il 20 maggio del 1987 rappresenta uno dei migliori seguiti della storia del cinema

Riallacciandoci all’articolo pubblicato la scorsa settimana in ‘Storie cinema&Serietv’, il legame tra ‘Berverly Hills Cop’ e ‘Cobra’ non si sciolse una volta che i due progetti presero strade e destini diversi. S’incrociarono una seconda volta nel 1987, in occasione del seguito del primo film del 1984. L’episodio numero due esordì nei cinema americani il 20 maggio del 1987 ed è, ancora oggi, definito come uno dei migliori sequel della storia della settima arte e forse, rispetto all’originale, un gradino superiore.

Il cast principale si presentava sempre con Eddie Murphy, John Ashton, Ronny Cox e Judge Reinhold. Proprio quest’ultimo è il collante, involontario, tra i due i film. Reinhold interpreta il personaggio di William ‘Billy’ Rosewood, che nel primo film originariamente avrebbe dovuto fare una brutta fine. In questo secondo capitolo lo stesso personaggio è trasformato, simpaticamente esaltato. Tanto che in una scena, dietro alla porta della sua camera, ha in bella evidenza il poster di Cobra. Un piccolo omaggio voluto, forse, dagli stessi produttori.

A dirigere la squadra vincente non è più Martin Brest, ma lo sfortunato fratello di Ridley Scott, Tony, dove l’action è ancor meglio miscelata nella commedia, supportata egregiamente colonna sonora, composta da Harold Faltemeyer ed altri autori, che fin dall’inizio accompagna la scena iniziale. Infatti in apertura si vede subito una Brigitte Nielsen in versione spietata rapinatrice. Curiosità: l’attrice danese, l’anno prima, prese parte ad un film: Cobra.

Proprio in quel film, l’attrice, le stata attribuita la parte della protagonista femminile che aveva una storia d’amore con il protagonista. In ‘Beverly Hills Cop II’, invece, l’ex moglie di Sly, è una pericolosa criminale appartenente ad un altrettanto pericolosa banda di rapinatori, i quali compiono un attentato, non andato a buon fine, ai danni del Tenente Andrew Bogumill, Ronny Cox. Nel cast è presente anche Dean Stockwell, conosciuto anche per la serie televisiva ‘In viaggio nel tempo’.

L’idea di questo secondo capitolo fu proprio di Eddie Murphy il quale, insieme agli sceneggiatori del primo film: Danilo Beach e Daniel Petrie, curò il soggetto. La sceneggiatura, invece, fu un lavoro a quattro mani tra Larry Ferguson e di Warren Skaaren. Molto probabilmente le battute sono il frutto dell’immensa capacità dello stesso Murphy d’improvvisare. Ci si chiede ironicamente: quante persone abbia preso per i fondelli il mitico Axel Foley?

Al di là dell’aspetto tipicamente burlesco e buffo del personaggio, lo schema della trama ricalca quasi in gran parte quella del primo, con diverse variazioni onde evitare di fotocopiare la trama originale; non mancano sparatorie, inseguimenti e quel pizzico di follia spontanea positiva che portava ad un’ora e mezza di spensieratezza e di puro intrattenimento per chi vede il film.

Costato 20 milioni di dollari, 5 milioni in più rispetto al primo, ne incassò solamente 300 milioni, 20 milioni in meno del capitolo precedente. Nonostante ciò deve essere considerato ugualmente successo stratosferico, per un sequel, per un film che è una vera e propria scarica di adrenalina della prima all’ultima scena. Un sequel che permise la produzione di un terzo capitolo, nel 1993; che rovinò, di fatto, una possibile e convincente trilogia del genere comico, action e poliziesco. Ma di questo se ne parlerà la prossima settimana.

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BEVERLY HILLS COP – LA SAGA DI EDDIE MURPHY

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Tra scene improvvisate e colonna sonora irripetibile il successo fu mondiale

Era il 1° dicembre del 1984 quando nei cinema americani uscì il primo capitolo di ‘Beverly Hills Cop’, la fortunatissima saga commedia-poliziesco interpretata da uno spettacolare Eddie Murphy. Un film, che come è stato appurato nella rubrica ‘Storie di cinema e di Serietv’, ha avuto una lavorazione alquanto complessa. Di certo rimarrà il dubbio, non molto convinto, di come sarebbero andate le cose se invece del giovane talento afroamericano ci fossero stati, nel ruolo del protagonista, Mickey Rourke o Sylvester Stallone. Sta di fatto che con l’irrefrenabile sfacciataggine dell’attore dall’iconica risata il film non solamente funzionò, ma divenne il secondo miglior incassò di quello stesso anno.

La sceneggiatura, realizzata dalla coppia Daniel Petrie Jr e Danilo Beach, ottenne addirittura la nomination all’edizione degli Oscar del 1985. Ma la candidatura in sé rappresenta una conferma di una serie di elementi maturati ed uniti durante la lavorazione di questa opera diretta dal regista Martin Brest. Elementi che hanno determinato, in modo assoluto, l’irripetibile successo di questo entusiasmante primo capitolo di una saga che si sta per trasformare, fra non molto, in una quadrilogia.

Oltre ai già citati meriti di Eddie Murphy, c’è bisogno anche di ricordare anche gli altri due attori, John Ashton e Judge Reinhold, nei rispettivi ruoli degli agenti di polizia John Taggart e William ‘Billy’ Rosewood. La coppia di interpreti, per tutta la durata del film, riesce a creare una perfetta intesa con il protagonista e, in alcuni momenti, sembrano talmente goffi da ricordare Stanlio e Ollio.

Si dice che molti scketch, molte battute non solo furono improvvisate e che gli stessi membri della troupe presenti, compresi gli attori, non riuscivano a non ridere. Ulteriore elemento trainante del film è rappresentato, in maniera inequivocabile, dalla potente colonna sonora. Potente per gli stupendi pezzi di quegli anni ed una base musicale, che per il sound elettronico dell’epoca, ha fatto scuola. Il riferimento è il tema principale realizzato dal compositore Harold Faltmayer ed il titolo riprende il nome del personaggio principale: Axel F.

Tra le altre hit da ricordare c’è il singolo di Patti Labelle che accompagna Eddie Murphy durante il suo ingresso nel quartiere ‘bene’ di Beverly Hills, con una serie d’inquadrature che fungono da spot pubblicitario per la stessa Los Angeles e per gli interi Stati Uniti d’America. La canzone, intitolata ‘Stir it up’, uscì come singolo solamente nei primi mesi del 1985.

All’inizio di questo nuovo appuntamento con ‘Saghe & Sequels’ e che inaugura la fortunatissima serie di film con Eddie Murphy, è stato accennato che ‘Beverly Hills cop’ ha rappresentato non solo il secondo incassò dell’anno 1984, secondo solo ai ‘Ghostbusters’ di Ivan Reitman, ma rappresenta, per Bruckheimer, il suo miglior incassò fino al 2003 con più di 234 milioni di dollari; scalzato solamente da ‘La maledizione della prima luna’ con ben 316 milioni di dollari.

Un risultato non da poco che deve essere inteso tranquillamente come un piccolo record, per un film iconico mai dimenticato in tutti questi anni. Da tempo è stato annunciato un quarto capitolo, ma la prossima settimana verrà analizzato il secondo episodio della saga.

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LO STRANO LEGAME TRA BEVERLY HILLS COP E COBRA

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La storia di un soggetto che diede vita a due film iconici degli anni ‘80

E’ possibile che lo sviluppo di un soggetto cinematografico determini la realizzazione di ben due film distinti e separati? Due opere cinematografiche che, nello stesso tempo, hanno fatto storia diventando assoluti manifesti di un decennio in particolare? Da queste due domande la risposta che emerge è imprevedibilmente positiva e, in alcuni punti, lo è anche la storia che, in questo primissimo appuntamento con la rubrica ‘Storie di Cinema&Serietv’, viene svelata o, per coloro che già la conoscono, quanto meno ricordata.

Scherzando si potrebbe iniziare con la famosa apertura ‘Tutto ebbe inizio’ nell’anno 1977, quindi gli indimenticabili anni ’70; siamo a Hollywood e si sa che sotto a quella collina tutto, ma proprio tutto, può diventare possibile. Forse è anche per questo che i due film prendono forma attraverso la stessa idea. Il 1977 è l’anno di altrettante iconiche pellicole: ‘La Febbre del sabato sera’ e ‘Guerre Stellari’, il primo in assoluto della saga ideata da George Lucas.

In quei dodici mesi venne ideato il soggetto di un film che, inizialmente, avrebbe dovuto intitolarsi ‘Beverly Drive’ e lo sviluppo della sceneggiatura venne terminato solamente quattro anni più tardi, nel 1981. Fu letta da due persone in particolare, due produttori; uno di loro oggi è conosciutissimo anche nel mondo delle serie tv: Don Simpson, che scomparve nel 1996, e Jerry Bruckheimer, il futuro produttore della fortunatissima serie ‘Csi- Scena del crimine’.

Dopo una prima lettura i due decisero, quasi nell’immediato, che il ruolo da protagonista sarebbe dovuto andare a Mickey Rourke, ancora lontano dal successo mondiale di ‘Nove settimane e mezzo’; nonostante ciò si era fatto notare con pellicole come ‘1941 – Allarme a Hollywood’, ‘Dissolvenza in nero’ e ‘I cancelli del cielo’. Mickey accettò firmando un contratto in esclusiva per 400.000 dollari a questo punto, chiederete voi, tutto fatto? No.

Non si conosce il motivo, ma i tempi di lavoro si allungarono il più del dovuto e il buon Mickey diede il benservito ai due produttori. Sganciandosi dall’impegno preso e accettando un altro progetto cinematografico più veloce da realizzare: ‘Brivido caldo’. Uscito di scena Rourke si verificò un fatto curioso, un fatto prodromico per la nascita dell’altro film che più avanti sveleremo. Capitò che per gioco, non si sa se dovuto alla goliardia di Simpson o del suo collega Bruckheimer o addirittura della stessa Paramount che distribuì il futuro progetto, che venne contattato per scherzo nientepopodimenocchè Sylvester Stallone. Il quale accettò.

Accettando di prendere parte al progetto non solo la prese talmente sul serio ma decise, senza mezzi termini, di modificare diverse sequenze scritte all’interno della sceneggiatura. Risultato? L’elemento principale, quello della commedia, sparì completamente. Il ruolo di alcuni personaggi, chiave, all’interno della trama furono radicalmente modificati. Persino il cognome del protagonista venne mutato completamente.

A Simpson e Bruckheimer queste modifiche non piacevano proprio, soprattutto le parti violente e addirittura uno dei protagonisti era destinato ad una morte troppo cruenta per quella che doveva essere solamente una commedia. Stallone, forte dei successi in Rocky e in Rambo non volle cedere e alla fine cedette in un altro modo: consensualmente si allontanò dal progetto. ‘Sly’ mollò a soli sei settimane dall’inizio delle riprese. A quel punto per i due produttori iniziarono, veramente, i guai seri. ‘Beverly Drive’ rischiava veramente di non vedere mai la luce e invece…

… e invece nel frattempo c’era un altro attore che, impegnato in altri lavori, gli era giunta la voce della realizzazione di questo film. Non si sa bene chi chiamò per primo, comunque Simpson e Bruckheimer dovettero letteralmente volare da una costa all’altra degli Stati Uniti per incontrare colui che sarebbe diventato, definitivamente, l’attore principale del progetto cinematografico.

L’attore in questione era giovanissimo, ‘nero, riccio’ e con una comicità pungente e con una favela difficile da fermare. In quel periodo si stava facendo strada con i suoi personali ‘one man show’ e con il ‘Saturday Night Live’, senza dimenticare un film girato in coppia con Nick Nolte: ’48 ore’. Di sicuro, adesso, avete capito bene di chi si sta parlando: di Eddie Murphy.

Quando l’attore afroamericano accettò di prendere parte al lungometraggio mancavano solamente due settimane all’inizio delle riprese. Le scene ideate da Stallone vennero cancellate e sostituite con delle altre più comiche e anche le modifiche dello stesso vennero, a sua volta, annullate; in particolar modo il cognome.

Partiamo per esempio dalla figura femminile: con Stallone la protagonista aveva una storia con il personaggio principale, dopo Stallone è solamente un’amica; con Silvester c’era personaggio fratello del protagonista che veniva assassinato, in un secondo momento il personaggio ritornò ad essere solamente amico. Il cognome, con l’attore italo-americano, era Cobretti poi si trasformò in Foley. Ed anche il titolo venne modificato: non più ‘Beverly Drive’ ma un più iconico ‘Beverly Hills Cop’.

A questo punto avete anche intuito, con il cognome scelto in un primo momento da Stallone, di quale altro film stiamo parlando: Cobra, uscito esattamente due anni dopo a Beverly Hills cop e nonostante sia diventato un vero e proprio cult non ha avuto, dalla sua parte, quella giusta dose di fortuna per uno o più sequel. Molto probabilmente il motivo deve essere ricercato proprio nelle scene di violenza che in uscita portarono i distributori ha tagliarne una buona parte della durata e venne addirittura bollato, giustamente, come vietato ai minori di diciotto anni. E Beverly Hills Cop?

Il primo film con Eddie Murphy ebbe così tanta fortuna che, tre anni più tardi, venne pure prodotto un sequel altrettanto di livello come il primo, tranne per il terzo capitolo. Ma di questo ne parliamo a ‘Saghe Sequels’ con il link dell’articolo qui sotto: